hirmagazin 2015 06 02 082528

Iraq. Attacco dell’Isis a Samarra uccide 38 militari. Le bombe irachene sulla sunnita Fallujah infiammano le divisioni. Sempre più potenti le milizie sciite che dettano l’agenda militare

Pare quasi che il califfo voglia farsi beffe di Bagh­dad. A poche ore dall’ammissione del pre­mier ira­cheno al-Abadi della per­dita a favore dell’Isis di 2.300 vei­coli blin­dati Hum­vees a Mosul dopo la fuga dell’esercito lo scorso anno, ad abbat­tersi sul governo sono pro­prio degli Humvees.

A bordo, tre atten­ta­tori sui­cidi dello Stato Isla­mico e tanto esplo­sivo: si sono fatti sal­tare in aria in una base mili­tare a sud di Samarra, città del gover­na­to­rato di Bagh­dad, ucci­dendo almeno 38 tra poli­ziotti e mili­tari. Un attacco alle porte della capi­tale con cui lo Stato Isla­mico ricorda al governo cen­trale quanto sapeva già: la minac­cia isla­mi­sta è con­creta e più viva che mai. Soprat­tutto per l’utilizzo che di quella base viene fatto: da lì è gestita l’operazione mili­tare per tagliare i rifor­ni­menti all’Isis nella pro­vin­cia di Anbar, tea­tro da giorni della sten­tata con­trof­fen­siva governativa.

A distur­bare i sogni di al-Abadi è l’andamento dell’operazione per la ricon­qui­sta di Anbar. Sia per gli scarsi risul­tati che per l’escalation di set­ta­ri­smi e vio­lenze reli­giose che si sta tra­sci­nando die­tro. Secondo quanto ripor­tato da fun­zio­nari pro­vin­ciali di Anbar, in con­di­zione di ano­ni­mato, per ora ben poco è stato rea­liz­zato: nono­stante l’elevato numero di truppe dispie­gate fuori da Ramadi, «non si è vista alcuna offen­siva signi­fi­ca­tiva con­tro i mili­ziani, una len­tezza che ha deluso i resi­denti di Anbar».

E se Bagh­dad nega, ele­cando le pic­cole vit­to­rie segnate la scorsa set­ti­mana, il timore che la forte pre­senza sciita potesse ampli­fi­care le divi­sioni interne al paese sem­bra diven­tare ogni giorno più con­creto. Alcuni social net­work hanno pub­bli­cato un video che mostra un uomo, sun­nita, tor­tu­rato e dato alle fiamme, da mili­ziani delle al-Hashed al-Shaabi, il potente gruppo sciita che sta gui­dando la con­trof­fen­siva di Bagh­dad nella pro­vin­cia di Anbar. Richia­mati dal pre­mier dopo la caduta di Ramadi, stanno infiam­mando le divi­sioni interne in un’area del paese a mag­gio­ranza sun­nita, la stessa da cui da anni par­tono le più dure pro­te­ste sun­nite con­tro il nuovo governo cen­trale. Tanto da con­vin­cere Bagh­dad a riti­rarle da Tikrit, libe­rata due mesi fa dall’occupazione islamista.

A peg­gio­rare una situa­zione già tesa sono gli ultimi bom­bar­da­menti com­piuti dall’aviazione ira­chena con­tro la città di Fal­lu­jah, sem­pre ad Anbar. Da Fal­lu­jah ini­zia­rono le mani­fe­sta­zioni sun­nite con­tro il pre­ce­dente e divi­sivo primo mini­stro, al-Maliki. Oggi torna epi­cen­tro dei set­ta­ri­smi, spec­chio dell’incapacità di Bagh­dad di risol­vere prima di tutto la que­stione poli­tica ira­chena, prima che quella mili­tare: secondo fonti medi­che, sareb­bero 19 i civili uccisi e 28 i feriti in una serie di raid com­piuti con­tro un’area resi­den­ziale, una moschea e alcuni mer­cati cit­ta­dini. Nes­suna delle vit­time sarebbe un mili­ziano dell’Isis. Testi­moni hanno rac­con­tato a Middle East Eye del lan­cio di bombe barile, vie­tate dal diritto inter­na­zio­nale di guerra.

E men­tre i set­ta­ri­smi si infiam­mano, a lamen­tare la len­tezza delle truppe gover­na­tive sono le stesse al-Hashed al-Shaabi. In un’intervista al The Tele­graph, il lea­der delle mili­zie sciite, Hadi al-Ameri, ha con­trad­detto i ver­tici del paese: le forze ira­chene non inten­dono ripren­dere subito Ramadi. L’idea che il capo­luogo di Anbar possa essere attac­cato nei pros­simi giorni o set­ti­mane, come ripete l’esecutivo, «è risi­bile»: «Chiun­que vi dica così è un bugiardo». La stra­te­gia delle mili­zie sciite è un’altra, un’operazione paral­lela a quella sban­die­rata da Bagh­dad, dice: iso­lare l’Isis dai cen­tri abi­tati, creare una sorta di zona cusci­netto tra il cen­tro del paese e il calif­fato e infine tagliare le vie di rifor­ni­mento isla­mi­ste nel deserto. Poi, si par­lerà di Ramadi, si par­lerà di Mosul.

Una presa di posi­zione signi­fi­ca­tiva che dimo­stra l’enorme potere in mano ai gruppi para­mi­li­tari sciiti e all’Iran, il paese che da fuori – ma anche da den­tro, con con­si­glieri mili­tari e gene­rali delle Guar­die Rivo­lu­zio­na­rie – guida l’avanzata dei mili­ziani sciiti iracheni.

Sullo sfondo, quasi invi­si­bile, resta il dramma del popolo ira­cheno: è salito a tre milioni il numero di civili rifu­giati den­tro e fuori dal paese. Un nuovo allarme è stato lan­ciato ieri dall’Unicef che defi­ni­sce «la situa­zione uma­ni­ta­ria in Iraq pros­sima al disa­stro». Per que­sto l’agenzia Onu per l’infanzia ha lan­ciato un appello per rac­co­gliere il prima pos­si­bile 500 milioni di dol­lari di finan­zia­menti per coprire «le ope­ra­zioni di soc­corso per i pros­simi sei mesi».

Forrás: http://ilmanifesto.info/gli-attentati-del-califfo-e-le-violenze-sciite-sui-sunniti-spaccano-liraq/