È bastato che lunedì, aprendo l’incontro, papa Francesco facesse un accenno alle «colonizzazioni ideologiche» che «tolgono l’identità e la dignità umana», perché ieri il presidente della Cei – come facilmente prevedibile – orientasse quasi metà del suo intervento a quelli che al tempo di papa Ratzinger si chiamavano «principi non negoziabili».
Ora l’espressione è scomparsa – perché a Francesco non piace, come ha detto più volte –, ma i punti qualificanti restano tutti, variamente catalogati sotto l’etichetta «teoria del gender» oppure «questione antropologica», cioè «la progressiva mutazione dell’identità umana».
Sulla scuola, al centro del dibattito di queste settimane, Bagnasco auspica che vengano trovate «sintesi in tempi ragionevoli, magari distinguendo temi ed obiettivi» (un invito a scorporare dal ddl l’assunzione dei precari per inserirla in un decreto ad hoc come chiedono le opposizioni?).
Quindi affronta quello che gli sta più a cuore: soldi e «gender».
«Diciamo no ad una scuola dell’indottrinamento, della “colonizzazione ideologica” – attacca il presidente della Cei –. Diciamo sì alla scuola libera, libera non perché sganciata dal sistema scolastico nazionale, ma perché scelta dai genitori, primi e insostituibili educatori dei loro figli. Sarebbe il tempo di attuare quanto previsto dalla legge 62/2000», ovvero la legge Berlinguer, che ha messo sullo stesso piano le scuole statali e quelle paritarie. A tal proposito Bagnasco sollecita l’istituzione del «buono scuola», che le famiglie possono «utilizzare nella scuola prescelta», cioè in una scuola paritaria (cattolica).
E mostra grande preoccupazione per la possibilità – prevista da un emendamento al ddl sulla “buona scuola” di Renzi – dell’insegnamento della «parità di genere in tutti gli istituti». Non sarebbe altro, prosegue, che «l’ennesimo esempio di quella che papa Francesco ha definito “colonizzazione ideologica”». Perché sarebbe una parità di genere col trucco: «Educare al rispetto di tutti, alla non discriminazione e al superamento di ogni forma di bullismo e di omofobia, è doveroso», spiega Bagnasco. «Ma l’educazione alla parità di genere, oggi sempre più spesso invocata, mira in realtà ad introdurre nelle scuole quella teoria in base alla quale la femminilità e la mascolinità non sarebbero determinate fondamentalmente dal sesso, ma dalla cultura».
Dalla scuola alla famiglia, messa sotto attacco dal disegno di legge sulle unioni civili che il Parlamento sta discutendo.
Bagnasco cita il discorso che papa Francesco ha tenuto lo scorso anno ai vescovi del Messico: «La famiglia è anche minacciata dai crescenti tentativi da parte di alcuni per ridefinire la stessa istituzione del matrimonio mediante il relativismo, la cultura dell’effimero, una mancanza di apertura alla vita». E in questa direzione andrebbe il ddl sulle unioni civili che, fra l’altro, «conferma la configurazione delle unioni civili omosessuali in senso paramatrimoniale», aprendo anche all’adozione dei bambini, «che per ora si limita all’eventuale figlio del partner» ma che poi secondo il presidente della Cei «sarà estesa senza l’iniziale limitazione», così come «sarà legittimato il ricorso al cosiddetto “utero in affitto”, che sfrutta indegnamente le condizioni di bisogno della donna e riduce il bambino a mero oggetto di compravendita».
Infine il divorzio breve. «Si puntava sul “divorzio lampo” e su questo si ritornerà non appena i venti saranno propizi», dice Bagnasco. «Ma sopprimere un tempo più disteso per la riflessione, specialmente in presenza di figli, è proprio un bene? Si favorisce la felicità delle persone o si incentiva la fretta?». Le domande, ovviamente, sono retoriche.
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